Partiamo da un assunto: l’ambiente in cui viviamo è il prodotto delle nostre scelte.

Questo punto di partenza ci mette al riparo da tutte quelle considerazioni passate, presenti e future che ci vogliono soggetti passivi di un destino ineluttabile; sappiamo che non è così!

L’essere umano è capace di prendere decisioni e nel contempo spostare l’asse dei propri errori su colpe altrui, sul fato e sul caso. Qual è la discriminante che determina il propendere verso una o l’altra direzione? Presto detto: il senso della progettualità e delle possibilità.

Che cos’è il senso delle possibilità?

Renato Palma, medico Psicoterapeuta, lo descrive come “peculiarità della specie umana, in cui si ritrova l’impulso al cambiamento per migliorare la propria condizione ottenendo risultati soddisfacenti orientati al benessere; per l’Uomo il possibile precede il reale”…!

Come mai, viste queste premesse, nelle società occidentali contemporanee post industriali, le persone che hanno accesso a diversi strumenti quali tecnologie evolute, istruzione e beni materiali, sperimenta oggi più che mai una crescente insoddisfazione su tutti i fronti?

Cosa ci impedisce di trasformare l’ambiente da statico a dinamico?

E anche in questo caso la risposta è ovvia: noi stessi! Se abbiamo il potere di progettare, abbiamo anche quello di non farlo e ancor di più di scoraggiare gli altri nelle loro iniziative legate alla crescita personale e globale.

Ricordiamoci che il “sistema” non è un potere astratto ma è costituito da persone a cui senza ribellarci, deleghiamo le nostre scelte e i nostri reali desideri. Strategicamente soggiogati dalla paura di non essere parte del tutto, dal marketing che fa leva su bisogni effimeri, veniamo continuamente spinti a non coltivare le nostre idee ed intuizioni. Paradossalmente oggi pur avendo accesso ad una infinita quantità di informazioni, continuiamo a non fidarci del nostro spirito critico che deriva dall’intelligenza emotiva.

In tutto questo quadro che a tratti può risultare deprimente c’è una condizione che se opportunamente nutrita e sostenuta ci può salvare: la cooperazione.

Nonostante siamo inclini alla competizione, al profitto, alle relazioni strumentali con gli altri, nel nostro DNA evolutivo e psicologico è presente da millenni un “movimento” verso l’altro che non è solo strumentale ma disinteressato, legato alla fiducia e alla speranza.

Parlare di relazione disinteressata e fiduciosa nei confronti dell’altro in un contesto aziendale molto spesso è pura utopia, eppure è oramai inoppugnabile il riscontro positivo in termini di produttività e benessere psicofisico che genera un clima organizzativo basato sul valore delle relazioni umane sia all’interno dell’ambito lavorativo che a cascata in quello personale (e viceversa).

Bisogna necessariamente tornare a valorizzare il senso della cooperazione. Gli individui ognuno con i propri talenti deve saper collaborare per un progetto comune che non tenga conto solo del profitto personale ma della collettività. Il benessere deve essere di tutto il sistema sociale come macrosistema, partendo da uno microsistema quale ogni azienda rappresenta.

Rivedere e orientare la formazione nella direzione della ritrovata collaborazione, è uno dei processi che sostengono la promozione del benessere attraverso il recupero del senso della progettualità.

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Articolo a cura del dott. Stefano Grimaldi ~ Psicologo Psicomotricista